Notiziario n. 37 – Maggio 2015

Le montagne non sono l’assoluto, ma lo suggeriscono.
Samivel

Guglielmo Jervis, alpinista e partigiano

In occasione del settantesimo anniversario della Liberazione vogliamo ricordare la bella figura di Guglielmo Jervis, detto Willy, alpinista e partigiano, medaglia d’oro al valor militare alla memoria.

Di famiglia valdese, Jervis, nato a Napoli nel 1901, nel 1926 si laureò in ingegneria a Milano, nel 1934 venne incaricato dall’Olivetti di dirigere la Scuola apprendisti meccanici dell’azienda. Dopo l’8 settembre 1943 non esitò ad entrare nelle file della Resistenza, e sua prima attività (era un provetto alpinista e conosceva bene l’inglese) fu quella di far passare clandestinamente in Svizzera decine e decine di ex prigionieri di guerra alleati. Ricercato dalla polizia nazista e da quella fascista, Guglielmo Jervis decise di trasferirsi in Val Pellice e qui, grazie anche ai contatti che aveva avuto in Svizzera con i servizi segreti alleati, organizzò sopra Angrogna il campo che ricevette il primo lan cio d’armi per i partigiani effettuato dagli Alleat i nelle Alpi occidentali. Willy, con questo nome avrebbe militato per non molto temp o nella Resistenza, era intanto entrato a far parte del primo Comitato militare del Partito d’Azione che lo nominò commissario poli tico regionale delle formazioni “Giustizia e Libert à” operanti in Piemonte. Durante una missione in Val Germanasca Willy finì n elle mani dei tedeschi. Aveva con sé documenti mili tari compromettenti e i nazisti capirono di aver pescato un pesce grosso. Sottoposero per giorni e giorni Willy ad atroci tor ture, ma l’ingegner Jervis non si lasciò sfuggire la minima informazione. Nella notte fra il 4 e il 5 agosto Willy ed altri quattro par tigiani furono trasportati sulla piazza di Villar Pellice e fucilati. All’ingegnere fu riservato un trattamento particolare: il suo ca davere fu lasciato appeso, per oltraggio, ad un albero. Qualche tempo dopo, propri o al di là del muro contro il quale i partigiani er ano stati messi a morte, fu trovata una piccola Bibbia che Guglielmo Jervis portava sem pre con sé; sulla copertina del volumetto si trovar ono, incise con uno spillo, queste parole: “Non piangetemi, non chiamatemi pove ro. Muoio per aver servito un’idea”. Dopo la sua mo rte, l’ingegner Adriano Olivetti si offrì di mantenere la famiglia di Jervi s: l’industriale considerava infatti il suo dipende nte caduto sul lavoro, e chiese alla vedova Lucilla Rochat l’onore di provvedere a lei e d ai figli. Sono due i rifugi delle Alpi dedicati a Guglielmo Jervis: il ben noto rifugio Willy Jervis al Prà in Val Pellice, ma anch e il rifugio Guglielmo Jervis al Pian di Nel, sopra Ceresole Reale, in Valle dell’Orco.

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